"Parte oggi The Collyers Magazine.
Forse dovremmo dire numero zero ma non siamo sicuri di aver capito cosa sia un numero zero, e per di più fatichiamo a distinguerlo dalla lettera O.
Eccoci quindi al numero O di The Collyers. Un blog travestito da magazine e un magazine travestito da Zorro. E uno Zorro travestito da sergente Garcia. The Collyers, un magazine destabilizzante, innovativo per essere un blog, ancora più innovativo per essere un amish.
Il nome si ispira a progetti d’oltreoceano quali The Onion e The Believer, ereditandone il gusto per la commistione fra surreale, finzione e realtà, nonché la predilezione per il black-humor, il non-sense e la parodia.
News su fatti di dubbia veridicità si alternano ad editoriali satirici, reportage da posti dimenticabili, recensioni di farmaci, oroscopi, lezioni di galateo, interviste e al contributo grafico di giovani artisti ogni volta diversi."

Qui la pagina Facebook, se volete iscrivervi.
Di seguito, un mio piccolo contributo alla causa, dato che lo ritengo un progetto dalle enormi potenzialità.
E poi ci scrive anche Mu Ho, e solo questo vale il prezzo del biglietto.
Che è gratis, ok, ma era così per dire.
Ti voglio bene, Mu.


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Facebook apre alle applicazioni e invita i programmatori a svilupparne di proprie: il "Mi piace" degli altri conterà dunque sempre meno sul social network più diffuso. Più o meno come nel momento strettamente antecedente l'eiaculazione.
"Ti piace così, piccola?"
"Preferirei se togliessi quel dito dal mio culo e la smettessi di chiamarmi 'mamma', amore."
"Come vuoi che ti chiami?"
"Con il mio vero nome."
"Va bene, Julio."

Si rafforza così la possibilità di aggiungere una propria azione sotto i post: "mi piace" e "ha condiviso" saranno accompagnati da nuovi verbi. Così tanti che un giorno l'utente medio Facebook sarà capace di esprimersi come una persona nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Forse.


Ad esempio, saranno introdotte le azioni "ascolta" per i siti di musica, "cucina" per quelli di ricette e "accusa di essere un corrotto" per il Fatto Quotidiano.

Eppure non condivido la solita critica da vecchio trombone sulla criminalizzazione della brevità e della sintesi di questi nuovi modi di comunicare spesso accompagnata a paragoni orwelliani totalmente fuori luogo -Facebook e Twitter non eliminano parole ricercate o pensieri composti: sono gli utenti a farlo- chi ci dice che questi non portino comunque ad un miglioramento? È vero, aggiungere opinioni, foto e link nel più breve tempo possibile non è il massimo ma l'utente medio Facebook, ovvero il mio cuginetto adolescente, prima non sapeva neanche che "aggiungere" si scrivesse con tre "g" in tutto.
"Non dire scemenze: secondo te si scrive 'agiunggere'? Sei fuori?"
"Hai ragione. Non pensarci più, Julio."

Tralasciando l'impero della battuta one-line nella satira consideriamo la masturbazione, dove ad andare per la maggiore sono compilation di pochi minuti divise per specialità montate affinché non venga perso neanche un secondo senza un'immagine estrema.
E a coloro che si chiedono dove sta andando a finire questo mondo, quanta umanità, quanto sentimento stiamo perdendo per strada, e quanto ancora ne perderà l'uomo durante il suo cammino, vorrei rispondere che la trama e i dialoghi di un film porno sono spesso scarni e scollegati, non ci perdiamo niente più di un tecnico della lavatrice che suona al campanello di casa per una riparazione, e che poi non sono riuscito più a seguire il filo del discorso perché, cazzo, quanto scrivi.











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